sea watch a lampedusa

Torniamo Umani: sognamo un’Europa dei diritti

“Buonasera, la informo che devo entrare nelle acque territoriali italiane. Virerò la barca ed entrerò, non posso più garantire lo stato delle persone». Alla comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete bastano poche parole, comunicate alla capitaneria di porto di Lampedusa, per mettere fine all’attesa inutile di un porto sicuro dove sbarcare i 42 migranti che si trovano a bordo. “

Stiamo andando alla deriva. Abbandonare persone fragili e sofferenti è uno dei peggiori crimini che un essere umano possa commettere. Noi stiamo con il capitano Carola, stiamo dalla sua parte perché Carola con il suo coraggio e la sua umanità incarna le leggi del cuore e della coscienza e non accetta di piegarsi alle leggi del potere e dell’arbitrio, leggi che stanno mandando alla deriva un intero continente che è stato culla di civiltà: 

Torniamo umani” è un invito a cominciare un risveglio delle nostre coscienze.

Troppi silenzi avvolgono oggi le storie dei migranti. Sono silenzi che dicono abbandono, morte: in mare, nel deserto, nelle prigioni, nella patria martoriata. Sono silenzi che dicono complicità nelle migrazioni: per le guerre, la terra rubata ai poveri, lo sfruttamento, gli scafisti con i loro metodi e interessi, la tratta. Sono silenzi che si riempiono di parole solo per difenderci da loro, finendo per vederli come nemici, dimenticando il peso delle sofferenze terribili che molti di essi portano con sé. Da una parte silenzi sulla cause lontane e vicine e dall’altra parole di fatto violente nelle espressioni, di sostanziale disprezzo. L’Italia ha un patrimonio di umanesimo che non deve mai essere messo in discussione. Mi sembra indispensabile un confronto non ideologico né legato all’emergenza, mai dimenticando la pietà né tanto meno confondendola con quel buonismo che fa credere che la solidarietà sia solo per interesse. «Dov’è tuo fratello?» (Gn 4,9) si chiese Papa Francesco a Lampedusa. È un interrogativo che ci chiama a renderci responsabili dei drammi delle persone, tutte, oggi dei migranti. In questo modo favoriamo uno stile di vita, di condivisione, di integrazione per tutti e costruiamo un futuro più umano, vivibile. Occorre prudenza e fermezza, ma sempre tanta umanità. Se essa viene a mancare la vita è più difficile per tutti. I tentativi migliori di questi anni, come ad esempio il sistema Sprar, sempre con i necessari controlli o i corridoi umanitari, ci sembra offrano indicazioni importanti per il futuro. Per un uso serio delle risorse, per non creare insicurezza in chi accoglie e abbandono nei richiedenti asilo, per non riempire il Paese di invisibili, chiediamo il coinvolgimento delle istituzioni europee e l’assunzione di responsabilità di tutti gli stati membri, attraverso l’identificazione di regole chiare e condivise cambiando le attuali. Concludo condividendo il sogno, spero di tanti «Sogno un’Europa che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri».​

 

 

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