Sono una donna che vuole combattere per le donne e provo tanta rabbia lavorando per una Casa Rifugio.
Elisabetta è sicuramente una donna determinata che sceglie il lavoro per passione e per promuovere una causa sociale.
In questi anni ha iniziato a lavorare in una Casa Rifugio, uno spazio che nasce per accogliere le donne che cercano un posto sicuro per sfuggire a casi di violenza domestica.
Lo Sportello Antiviolenza che gestisce è uno sportello interculturale contro la violenza sulle donne nato dalla collaborazione con il Centro Antiviolenza In.Rete. Avrebbe voluto sviluppare molte progettualità per capire come raggiungere le donne delle comunità del territorio: una missione per nulla semplice. “E’ difficile fare emergere i casi di violenza tra le donne italiane, che ricevono informazioni costantemente sui social e pubblicità. Le donne di altre culture non sono spesso informate sui loro diritti. Informare dovrebbe essere il nostro primo obiettivo!”.
Il Covid ha fermato queste iniziative, purtroppo non le violenze, anzi.
Il femminicidio ha colpito nuovamente anche il nostro territorio e purtroppo le violenze domestiche sono aumentate durante il lockdown ed è quello che ha notato anche Elisabetta: “ Ogni due settimane cambiavano le ragazze accolte. E’ normale perchè una Casa Rifugio lavora così, la Casa è un primo posto sicuro ma temporaneo in attesa di qualcosa più stabile, ma è la frequenza degli accessi che è aumentata durante la pandemia”.
Le donne che accedono alla Casa Rifugio sono già avviate verso un percorso di consapevolezza: innanzitutto hanno reagito e chiesto aiuto, o qualcuno le ha segnalate ai Centri Antiviolenza. Accedendo allo sportello hanno ricevuto informazioni sui loro diritti: avvocato gratuito, sostegno psicologico, la possibilità di accedere alle Case Rifugio.
“ A me fa rabbia ascoltare le storie di queste donne. Non capisco. Non capisco come si possa fare violenza su una donna, ma non capisco nemmeno perchè aspettino così tanto a denunciare.”
Si chiama violenza psicologica e spesso fa più male di quella fisica: mette in una condizione di perenne inferiorità la donna che accetta ogni tipo di maltrattamento come se fosse dovuto. Quando si aggiunge un sub strato culturale uscirne è veramente difficile.
I centri Antiviolenza ricoprono il duplice ruolo: promuovono campagne di sensibilizzazione ma si occupano anche di mettere in salvo le donne che riescono a denunciare le violenze. E’ un percorso che si sviluppa in più fasi, dalla segnalazione all’allontanamento intervengono gli sportelli, le case rifugio, i centri antiviolenza.
Territorialmente il centro antiviolenza di riferimento è quello di Chieri, Centro di Accoglienza antiviolenza In.Rete, Karmadonne gestisce in collaborazione con loro uno Sportello a cui si può accedere tutti i martedì dalle 15.00 alle 17.00, in questo periodo solo con prenotazione telefonica al 3939096878. Ma per le emergenze ci si può rivolgere al 800984548 che risponde 24 ore su 24.
Da Gennaio il Centro Antiviolenza si è unito a Spazio Donna, il servizio di accoglienza e orientamento gestito da donne volontarie di Carmagnola e Karmadonne.
Unite, insieme, per combattere ogni forma di violenza.